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Uno, Nessuno, Centomila… profili di Facebook.

Sto diventando isterico, nevrastenico e cattivo. Mi dà rabbia vedere come tutti stiamo cedendo alla vanità di un oggi effimero senza preoccuparci del destino funesto di domani. Per questo ho deciso di aprire Centomila profili di Facebook. Voglio essere ricordato nella mia complessità, nelle centomila sfumature del mio essere umano. Voglio essere libero, almeno nella morte! Vedrete, un giorno mi darete ragione.

Che aspetto avranno tra cento anni le nostre vivaci e sempre up-to-date bacheche di facebook? Se continuiamo così con la stessa foga e mania di aggiornarle ogni cinque minuti nel corso della giornata, senza ombra di dubbio diventeranno delle belle lapidi “online” dove i nostri nipoti e pronipoti ci scriveranno delle dediche. Come se noi, ovunque saremo tra 100 anni, persi tra l’aldilà e la rete internet, fossimo davvero in grado di leggere e rispondere ai loro commenti in tempo reale. Tramite tra la vita e la morte,  tra Dio e i nostri cari, quella nostra obsoleta bacheca di Facebook prenderà il posto dei “Sepolcri” di Foscolo nel rendere immortali le nostre memorie.

Una sorta di biografia, di cui noi stessi selezioniamo gli eventi, anno dopo anno, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto. Ogni “post” sulla nostra bacheca rappresenta un tassello della nostra costruzione identitaria che arbitrariamente decidiamo di veicolare al mondo della rete. Diciamoci la verità, sulle nostre bacheche pubblichiamo soprattutto i nostri momenti di gloria, gli scatti in cui sembriamo più fighi, affinché i nostri visualizzatori possano partecipare alla nostra vita con una buona dose d’invidia, con un “beato a lui! Che vita da divo!” In realtà, ma questo è un segreto personale, trascorriamo gran parte del tempo libero a casa a deprimerci dalla noia nella miseria del nostro essere asociali.

Ve l’ho detto che sto diventanto isterico, nevrastenico e cattivo. Super cattivo. Ma me ne infischio. Io dico le cose come stanno, e mi ribello alla riduzione della mia morte a una bacheca da social media. I miei Centomila profili di Facebook nascono proprio da questa forte esigenza di rivolta alla dittatura dei media, alla loro presunzione di raccontare la mia vita e, un giorno, anche la mia morte. Voglio aprire Centomila profili di Facebook. Un obiettivo ambizioso. Ad ispirarmi è stata un’opera del mio scrittore siciliano favorito. Luigi Pirandello. Uno, Nessuno, Centomila. Io sono Uno, Nessuno e Centomila e per dimostrarlo non posso avere solo un profilo. Neppure posso averne nessuno, sarebbe un controsenso.

Ognuno di questi profili avrà un nome e una foto. La regola è che ogni foto debba essere scattata da me, e da nessun altro. Devo essere io il soggetto dietro l’obiettivo, e la foto risulterà in un prolungamento di me stesso, della mia visione del mondo. Ad esempio, in un profilo metterò la foto di un fiore fotografato a Central Park, oppure di uno scimpanzè dello zoo del Bronx, oppure quella dell’Empire e del cielo poco prima di una nevicata.

Molti di voi lettori criticheranno la mia idea, definendola stramba e insensata. Ma se ci pensate bene, è vero il contrario. Ho aperto 31 profili, ognuno dedicato ad un giorno del mese. Il 31esimo lo uso per i mesi più lunghi dell’anno, il 28esimo profilo è tutto dedicato a febbraio. Ho aperto un profilo per i giorni di pioggia, uno per quelli di neve, e uno per i giorni soleggiati. Uno è solo per i miei colleghi, e si chiama “Ufficio”, naturalmente è privato. Un profilo è dedicato a “amici di vecchia data”, un altro ai nuovi conoscenti, e uno, che ho chiamato “new encounters” è dedicato agli estranei in cerca di incontri.

Ogni profilo è accessibile solo ed esclusivamente a persone che io scelgo accuratamente. Ho anche un profilo pubblico, visualizzabile da amici, amici di amici, amici di amici di amici e amici di amici di amici di amici. Su quest’ultimo, chiaramente, rendo pubbliche le mie foto migliori, quelle con lo sfondo dello skyline di Manhattan, quelle in cui mangio una bistecca da Piter Luger, quella in cui sono al volante di una Lamborghini (che importa se poi sia solo il salone delle auto) e una dove scio sulle Dolomiti all’età di 13 anni. Ho anche un profilo-inventario che contiene tutti i miei profili, privatissimo, visibile da “only me”. D’altronde, sarebbe un peccato dimenticarmi un giorno di aggiornare qualche profilo… soprattutto quando mi avvicinerò alla meta Centomila.

Che rischio inutile costruire solo un profilo di Facebook. A fomentare per anni ed anni solo un’immagine unica di noi stessi, a collezionare solo le nostre memorie migliori e nascondere invece le nostre debolezze.

Mia cugina di terzo grado Concettina è il perfetto esempio di questo scollamento tra realtà e proiezione di sé stessi che un unico profilo di facebook può determinare. Ogni volta che incontro Concettina per strada, e faccio per salutarla, lei abbassa gli occhi e diventa rossa come una fragola acerba. Era timidissima dai tempi della scuola, e per mascherarlo se ne stava sempre seduta all’ultimo banco, nascondendosi dietro la schiena del gigante della classe. Durante la ricreazione interagiva poco e niente con gli altri bambini. E con noi ragazzi… ancora meno. Io e mia cugina Concettina avremmo scambiato sì e no quattro parole in cinque anni di elementari. Invece, oggi, a trenta anni suonati, Concettina trascorre le sue giornate pubblicando sulla sua bacheca più foto in tenuta sexy di tutte le porno dive che di cui sono “follower” sui social media.

Selfy di Concettina in camicia da notte davanti lo specchio. Selfy di Concettina in pantaloncini e ciabatte nel giardino di casa. Selfy di Concettina aspettando l’autobus alla fermata dell’autobus con le labbra a cuoricino come se stesse lanciando baci ad ogni visualizzatore della sua pagina. Selfy di Concettina che guarda sognante paesaggi sfocati oltre il finestrino del treno. Le unghie appena smaltate di Concettina, il caffè della mattina, la copertina di un libro, il tramonto dalla cameretta.

Concettina, cugina mia, le vorrei dire, ma come è possibile che in rete sei una bomba sexy mentre quando ti incontro per strada sei uno scorfano che si nasconde dietro i pali della luce? Chi è questo pubblico segreto a cui ti rivolgi? Credi davvero che i tuoi “amici” virtuali spendano più di due secondi della loro giornata a cliccare sulle foto del tuo profilo? Credi che quel “mi piace” sia amicizia, amore o addirittura desiderio? Ti è mai venuto il dubbio che questi tuoi amici provino invece compassione di te, ti deridano dietro i loro schermi cinici dei computer. Ti sei domandata se questi visualizzatori indiscreti ti trovino, invece, inguaribilmente ridicola?

Concettina, la foto che ti scatti nel tuo letto, con un sorriso ammiccante e innaturale, e che con un click fai diffondere nella rete, con quella vanità nascosta da ingenuità, sarà la tua condanna. La tua lapide online, immagine eterna della tua ridicolezza. 

Roberto, il mio amico scrittore di Roma. Roberto scrive sulla sua bacheca di Facebook come se fosse il suo diario personale. Ore 10.00: foto caffè e cornetto, 23 mi piace. Ore 10.30: foto del Grande Raccordo Anulare “traffico anche oggi, più tempo per pensare al mio romanzo…” 13 mi piace. Ore 12 pm: foto di Roberto con i suoi occhiali da sole nel parco davanti al suo ufficio…34 mi piace. “Lunch Break”… 20 mi piace. Roberto scrive in inglese, spagnolo, francese e russo per sottolineare la sua internazionalità. Per non parlare delle foto quotidiane di Roberto scattate nei bar di Roma, durante le cene con gli amici, i pranzi di lavoro, gli aperitivi con le donne sempre più fighe di lui. Ma come fai amico Roberto ad acchiappare sempre tutte queste gnocche?

Vorrei scrivergli come commento sotto il suo post. Roberto, amico mio, ma sai che “nun-jene-po’-frega’-de-meno-a-nessuno” della tua vita da ricco romano che va a spendere tutti i suoi euro in cene e troie e poi pubblica due articoletti su giornali scadenti e si sente un candidato da premio Pulitzer. Roberto, smettila di scrivere il tuo diario quotidiano a un pubblico che non esiste. Vuoi riempire il vuoto della tua vita credendo che ci sono lettori pronti a divorare ogni tuo post pubblicato sulla bacheca? Invece di perdere il tuo tempo ad aggiornare la tua tomba futura fatta di mondana superficialità, impara a mettere due parole in fila e scrivi un articolo decente, che forse un giorno farai carriera. 

E Gina? Quella scriteriata è impazzita da quando il suo fidanzato l’ha messa incinta. Non fa altro che pubblicare ecografie del feto, che non ha compiuto neppure quattro settimane nella sua pancia. Ma, dico io, povero figlio, non si è ancora formato, arriva su Facebook prima ancora di arrivare al mondo? E Nunzio, il poeta. Seh! Con le sue poesie da quattro soldi cerca di raccattare “mi piace”  a destra e sinistra per sentirsi un poeta meno fallito. Fa incetta di “mi piace” da chi di poesia non ci capisce un cazzo, ma che invece non fa altro che pubblicare pillole di saggezza che Jim Morrison o altre rockstars non hanno mai pronunciato in vita loro, ma che da generazioni si vedono attribuire.

E Vincenzo, the traveller, invece, che pubblica in continuazione foto di viaggi in giro per il mondo. Mi  chiedo a volte se siano foto scattate da lui oppure scaricate da Google Image. Bravo Vincenzo, hai soldi da spendere e stai sempre col tuo culo sull’aereo, mentre noi lavoriamo 12 ore al giorno per sbarcare il lunario e l’unico viaggio che facciamo d’estate è a Torvaianica o a Santa Marinella per un fine settimana. Con le tue foto ci chiedi un’ammirazione che non possiamo concederti, ma in cambio ti diamo tutta la nostra invidia. Magari un giorno di questi il tuo aereo cadrà in pieno oceano Atlantico e di te non avremo piu’ traccia. Solo le foto esotiche dei tuoi viaggi sulla tua bacheca. Il tuo ultimo ed ineluttabile cimitero personale.

Zio Giuseppe, basta a pubblicare le foto del povero Ruggero. Il tuo gatto nero non è Marlon Brando. Non interessa a nessuno se Ruggero si è addormentato sul divano accanto ai tuoi calzini e mutande, oppure se si sta stirando sul tavolo della cucina o se caga sul balcone di casa. Ti fa le fusa e tu, zio Giuseppe, ti emozioni talmente tanto che vuoi condividerlo con il mondo intero? E andiamo, finiscila zio. Sei un uomo, non sei un ragazzino. Non ti rendi conto che stai violando la privacy di Ruggero, non chiedendogli il permesso di pubblicare le sue foto. I gatti sono animali molto riservati. Sai come si infurierebbe se lo venisse a scoprire. Zio Giuseppe, stai condannando anche il tuo gatto al cimitero virtuale.

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