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Il Corsaro di Manhattan – Part V. La mia avventura nel Chrysler Building!

60, 55, 44… 30… 25… L’ascensore precipita come un missile lanciato verso il centro della terra, ed io sento ogni muscolo del mio volto in tensione. Mancano pochi piani per la lobby, e poi, subito dopo, la mia bicicletta mi lancerà lontano dall’ira dell’usciere che, sono sicuro, mi rincorrerà fino allo sfinimento, fino a quando perderà completamente le mie tracce. D’altronde siamo in tanti noi ragazzi delle consegne e ci assomigliamo tutti: stessa uniforme gialla catarifrangente, stesso casco nero, stessa borsa termica rossa, stessa faccia messicana – anche se in realtà siamo messicani, cinesi, ecuadoriani, italiani, etc. Come potrà, l’usciere, riconoscermi tra i tanti? Come potrà il suo fiato tenere testa alle mie pedalate vigorose?

Non importa, “Mission Accomplished.” Missione compiuta, Roberto, il corsaro di Mahnattan,  non sbaglia mai un colpo. Sono riuscito a salire fino su su ai piani alti del Chrysler, l’edificio più romantico di New York City, ma anche il più inaccessibile. E’ sede di uffici, compagnie, agenzie ma la terrazza non è aperta al pubblico a differenza dei suoi rivali da sempre: Empire State Building e Top of the Rock.

Una serie di coincidenze ha reso la mia impresa realizzabile. Proprio oggi mi è stata assegnata l’area di Midtown East, proprio oggi un certo Mr. Sunman, il cui ufficio ha sede al 67esimo piano,  ha pensato bene di ordinare una pizza in uno dei ristoranti per cui la mia compagnia lavora. Non era mai successo prima, nessun delivery guy della mia ditta si era mai avventurato in una consegna nel Chrysler building. L’usciere, un omone robusto e dallo sguardo cattivo, sembra che non lasci nessun deliverero oltrepassare la lobby dell’edificio. Con la scusa che il Chrysler sia un edificio ‘speciale’, si occupa personalmente delle consegne di cibo e, con la scusa, si intasca le mance che spettano a noi professionisti.

Io al destino ci credo. Credo ai sogni che si avverano se uno ha la pazienza di aspettare il momento giusto. “Non è quando tu vuoi che le cose succedono” mi diceva sempre mia madre. “Ma quando riconosci il tuo treno, non hai scusanti, devi saltarci su e prenderlo al volo, costi quel che costi.” E io sul treno ci sono saltato, ma il mio treno ha le fattezze di un ascensore che proprio ora sta precipitando verso gli inferi del mondo – a me così sembra. Devo uscire di qui, e di corsa!

Povero usciere! Deve essersi sentito così umiliato! Lui che esercita il suo illimitato potere sull’edificio più romantico di New York City, proprio lui è stato fregato da un ragazzetto messicano delle consegne. Gliel’ ho fatta sotto il naso. Non capisco perchè alcuni usceri hanno questo atteggiamento scontroso nei confronti dei delivereri. Forse deriva da un antagonismo che risale alla  notte dei tempi. Una questione di territorialità, di potere, di autorità.. diciamoci la verità, di mance. Noi ragazzi delle consegne che invadiamo il territorio degli usceri, prendiamo i soldi dei loro ospiti e ce ne andiamo spavaldi con le nostre biciclette dalle ruote fiammeggianti. Mentre loro, se ne stanno impalati tutto 12 ore o più, a ripetere “Buongiorno, buonasera, buongiorno, buonasera, buongiorno… se ne vada a quel paese!”

Avreste dovuto vedere la faccia del povero, gonfia e rossa di rabbia, quando mi ha visto uscire dall’ascensore impugnando una coca-cola come fosse una pistola.

“Mr. Sunman, la sua coca-cola.”

A stento nascondeva la sua voglia di strangolarmi, quando il signor Sunman, un signore sulla sessantina, minuto con piccoli occhiali da scienziato, mi rifilò 20 dollari di mancia.

“E’stato molto gentile a tornare indietro per la mia coca-cola. Odio mangiare la pizza senza berla. Non mi scende giù senza coca-cola.”

“Piacere mio, gli ho risposto.” Dopo aver afferrato i soldi, e avergli passato carta e penna per firmare la ricevuta, sono risaltato nell’ascensore, ma stavolta, invece di L di lobby, ho spinto 77 rooftop. Le porte si sono richiuse e il naso dell’usciere è rimasto fuori. In un battibaleno sono arrivato sulla terrazza e quando le porte si sono spalancate, non potevo credere ai miei occhi.

Che vista spettacolare dal piano più alto del Chrysler building. Ho visto Bryan Park, Times Square, Grand Central, East River, ho visto il Queens e ho visto me stesso, il corsaro di Manhattan a dominare tutta la città! Mission Accomplished.

Ora si riscende in picchiata, prima che l’usciere chiami i suoi alleati e l’esercito degli usceri mi metta le mani addosso. Che io sappia, salire senza permesso su un ascensore non è ancora un crimine, posso anche difendermi col dire che è stata una svista, che volevo andare giù, ma ho spinto su, o che non so contare perchè ho fatto solo la quinta elementare o che semplicemente la legge di gravità non ha funzionato.

Quell’usciere non è uno che scherza, l’ho capito a prima vista. Sono vere le voci che girano su di lui tra i delivereri di Midtown. Non appena entrato nella lobby del Chrysler ho sentito i suoi occhi puntati su di me. Con diffidenza, mi scrutava dal casco ai piedi.

“Hey brutto ceffo imbronciato, non hai mai visto un deliverero, un ragazzo delle consegne? Metti via quella facciaccia, e rispetta la mia professione. Sono venuto qui a portare cibo e felicità, mica a rubare!” Stavo per dirglielo, ma mi sono controllato. Mi sono avvicinato con un sorriso sfacciatamente finto e gli ho mostrato la ricevuta. Pizza Margherita con extra basilico, Mr. Sunman, 15 dollari, indirizzo Chrysler Building, 67th floor.

L’usciere senza scrollarmi gli occhi di dosso,  mi ha sfilato lo scontrino e poi ha fatto cenno di poggiare il cibo sul mio bancone.

“Ok, arrivederci, può andare.”

Non potevo credere alle mie orecchie. “Andare dove? Non esiste proprio! Il mio lavoro non termina qui, devo consegnare le pizze al cliente, far firmare la ricevuta, e prendermi la mia meritata mancia.” Non ho accennato alla mancia, ma ho detto invece. “Sono questi gli ordini dalla base.”

“Me ne infischio degli ordini della sua base. Non siamo un’officina qualsiasi, siamo il Chrysler building. Nessuno ha accesso, oltre me, ai piani alti. Mi dispiace per la sua ricevuta da firmare, ma questo sistema non funziona qui nel mio territorio.”

“Scusi se insisto, ma questa è la prassi.” Cercavo di apparire professionale, ma il tono della mia voce tradiva una certa insicurezza. Ma non potevo demordere proprio ora. Dovevo salire su, fino alla cima del mio edificio preferito. Ora o mai più.

“Guardi non è mio business quello che la sua base richiede. Se la spiccia lei, ok? Vada, che io non ho tempo da perdere.”

Roberto respira profondamente, conta fino a 10, fino a 15, mi ripetevo tra me e me. Non potevo arrendermi proprio ora. Piano B in azione.

“Va bene, se queste sono le regole…” Ho appoggiato la pizza al bancone dell’usciere, e coprendomi con la mia borsa rossa, ho sfilato via la coca-cola mettendomela in tasca, senza che l’usciere se ne accorgesse.

“Molto bene, arrivederla.”

“Le dispiace se uso il bagno della lobby?” gli ho chiesto con tono pacato.

“Faccia in fretta.”

“Grazie ancora, signor… usciere.”

“Vada.”

Sono entrato nel bagno e ho chiuso la porta lasciando una piccola fessura per osservare le mosse dell’usciere. Lui è restato a guardarmi per un po’, poi l’ho visto afferrare la pizza e dirigersi verso l’ascensore. Ho aspettato che l’usciere vi scomparisse dentro per uscire allo scoperto dal mio nascondiglio provvisiorio e recarmi a mia volta verso gli ascensori. L’attesa è durata poco, e mi sono mescolato a dei signori con la giacca e cravatta che neppure mi hanno rivolto uno sguardo. Ho spinto piano 67 e loro sono scesi prima di me. Sono restato solo nella pancia dell’ascensore del Chrysler per pochi secondi, percepiti da me come un’eternità. Ci siamo quasi. So che incontrerò di nuovo la faccia scorbutica dell’usciere, so che sarà guerra aperta, ma non mi farò cogliere impreparato.

Ho impugnato la coca-cola come se fosse una pistola, e aperte le porte l’ho puntata verso l’usciere.

“Cosa ci fai qui?”

L’usciere e Mr. Sunman erano uno di fronte all’altro. Il cliente frugava spazientito nella busta della pizza.

“Eppure io avevo ordinato una…”

“…coca-cola!” ho gridato io saltando nella sua direzione. Sentivo lo sguardo furioso dell’usciere su di me.

“Mi scusi, ma uscendo dal bagno mi sono accorto che aveva dimenticato la coca-cola sul suo bancone ed ho pensato di portaglierla su.”

Mentre il volto dell’usciere era scuro e gonfio, quello di Mr. Sunman era radiante.

“Grazie, è molto gentile da parte sua tornare indietro per una semplice coca-cola. Non posso mangiare la mia pizza senza di lei, non la digerisco.”

Mentre l’usciere a stento si tratteneva dalla rabbia, mi sono intascato la mancia di Mr. Sunman e gli ho anche fatto firmare la ricevuta. Il resto lo sapete. Credo che l’usciere mi stia maledicendo. Sono pronto a scattare, pronto per la prossima avventura e portarmi via il titolo di primo delivery guy a salire sul grattacielo più romantico di Manhattan.

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