Sailor. Il progetto del “Dream Team”
Sailor è un progetto nato da una quarantina di pagine scritte per una classe di “screenwriting” tenuta dal professor Marc Palmieri al City College, e poi, un paio di anni fa, trasformatosi in una sceneggiatura di quasi 130 pagine per un lungometraggio della durata di un paio d’ore.
Elle Sunman, Marc Scott ed io abbiamo in comune New York City e una passione per raccontare storie. Elle è un’attrice e scrittrice georgiana, cresciuta a Mosca e trasferitosi a New York dopo oltre 10 anni nella West Coast. Io, romana e adottata dalla Grande Mela da circa cinque anni e Marc Scott, regista “born and raised” in The Bronx. Eccoci qui, ci potete chiamare the “DREAM TEAM.”
Nel trattare il soggetto di “Sailor” io ed Elle ci siamo scontrate su tematiche storiche. “Sono stati i russi che hanno vinto la seconda guerra mondiale” affermava Elle, “così ci hanno insegnato a scuola a Mosca. Sono loro che hanno fermato l’avanzata di Hitler.”
Io, dai miei ricordi scolastici continuavo a ripetere che, “Ok, i Russi hanno fatto la loro parte, ma sono stati gli americani che ci hanno liberato.” Certo eravamo entrambe consapevoli di quel famoso patto di Yalta del 1945, dove, come chiusura della guerra i tre uomini più potenti al mondo, Stalin, Churchill e il morente Roosevelt, si erano spartiti il mondo inaugurando il quasi mezzo secolo di guerra fredda. In ogni modo, al di là dei punti in comune, le nostre versioni della storia divergevano considerevolmente su chi tra le varie potenze in campo avesse davvero sconfitto il nazismo.
“Negli anni ’90 e 2000 i manuali storici in Russia e quelli in Italia non raccontavano la stessa storia.” E’ stata la nostra pacifica conclusione. Il progetto di Sailor ci ha costretto a porci tante domande, a riaprire libri di storia, a fare ricerche online, visitare musei, guardare documentari. Il rischio di cadere in cliché è sempre dietro l’angolo, ed è quello che io, Elle e Marc volevamo evitare a tutti i costi.
La “Storia”, in Sailor è rimasta nel background. La si respira, intuisce, sappiamo cosa sta succedendo e dove siamo. Campo di concentramento in Germania, seconda guerra mondiale. Ma la vicenda è quella di Marcello R., un personaggio ispirato alla vita di mio nonno materno, telegrafista nei Balcani, fatto prigioniero a Metz (all’epoca territorio tedesco) nel 1943, dopo la pace segreta di Badoglio e del re con gli Alleati. Sappiamo dopo quel settembre del ‘43 come sono andate a precipitare le cose: l’alleanza Roma-Berlino si è dissipata, e all’insaputa dell’esercito italiano, i tedeschi da alleati sono diventati nemici giurati. Marcello è frutto dei racconti di mio nonno, ascoltati anni fa, è frutto delle letture di Levi e Pahor, di documentari, di visite al museo dell’Olocausto di New York. Ma Marcello è anche e soprattutto un personaggio di finzione, sebbene con molti dei tratti autobiografici di mio nonno, di tanti altri nonni, un tempo ragazzi che si sono ritrovati a fare una guerra che non hanno mai scelto né capito. E’ un personaggio che non vediamo mai combattere, ma ne osserviamo la quotidianità, dalla scena della “dog’s pee soup” (la zuppa che sa di piscio di cane), alle conversazioni durante la breve doccia calda con Daniele, l’unico amico che Marcello riesce ad avere nel campo. Lo vediamo rubare le scorze di patata nell’immondizia, ascoltiamo le sue conversazioni intime. Ma non vediamo la guerra.
In Sailor abbiamo due cronologie temporali: la storia di Marcello e la New York di oggi, degli anni 2000, dove Sofi, la nipote, si è trasferita dopo la morte del nonno anziano. Orfana cresciuta dai nonni, Sofi all’età di 38 anni decide di reinventarsi la vita a New York, in quella città degli artisti, “New York è come Parigi negli anni 20” afferma una linea della sceneggiatura.
Sofi scappa lontano da quell’Italia berlusconiana in cui si sentiva intrappolata. Cerca la “lontananza” da Roma, in una New York dove può reinventarsi daccapo. La città che le restituisce l’ispirazione, dove lei si rimette a scrivere quel manoscritto sulla vita del nonno, iniziato tanti anni prima e sempre rifiutato dalle case editrici italiane.
A New York, Sofi incontra Juan, un ex gangster che vuole ricominciare una nuova vita e lavora come lavapiatti in un ristorante italiano. Juan passionale, autentico, diretto, aggressivo, scombussola la vita di Sofi, la costringe a mettersi a nudo di fronte a sé stessa… molte cose succedono, ma non possiamo rovinare la sorpresa!
Sailor ha partecipato il 2 e il 4 di agosto al MITF, Midtown International Theater Festival, come “staged reading”, con un cast incredibile di attori che hanno dato voce e vita per la prima volta alla storia ed ai personaggi.
Un’avventura incredibile nata dalla necessità di raccontare il dietro le quinte della sfavillante New York City di oggi, la vita degli immigrati italiani, messicani, italoamericani… mettere insieme storie ascoltate, vissute e immaginate. Non dimenticare, soprattutto, le storie ascoltate, lasciandole morire nell’oblio.
Sailor è frutto di un lavoro collettivo, di una romana, una russa georgiana e un ragazzo del Bronx, insieme a tanti altri attori che hanno messo a disposizione e metteranno ancora i loro talenti. Questa sezione del blog è dedicata a tutti loro, a cui siamo infinitamente riconoscenti, e ci auguriamo che, tra i lettori, ce ne saranno tanti che si appassioneranno al nostro progetto.